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Cortona, Il Falconiere

Cortona, Il Falconiere

Nel cuore dell’Italia rurale, dove la natura scandisce ancora i ritmi autentici della vita, Silvia Baracchi guida alla scoperta de Il Falconiere: una villa seicentesca trasformata in un’eccellenza dell’ospitalità toscana. 

Tra eleganza senza tempo, ingredienti del territorio e una cucina stellata, prende forma un racconto fatto di passione, radici e visione

Lei è cresciuta in una famiglia di ristoratori e ha respirato fin da piccola l’aria dell’ospitalità. In che modo queste radici hanno influenzato la sua visione della cucina e dell’accoglienza? E come continuano a ispirare il suo lavoro oggi? Sono cresciuta in un ambiente dove accogliere era naturale, quasi istintivo. Da mia nonna ho imparato che cucinare è un gesto di cura, un modo per raccontarsi e far sentire l’altro speciale. Ancora oggi, tutto il mio lavoro nasce da questi valori: ogni piatto, ogni attenzione verso l’ospite ha quel senso di calore e familiarità che mi accompagna fin da bambina. 

Dal 1989, Il Falconiere si è trasformato in un elegante Wine resort 5 stelle. Quali sono stati i momenti più significativi di questa crescita e come ha saputo mantenere l’equilibrio tra tradizione e innovazione? Il percorso del Falconiere è stato entusiasmante e ricco di sfide. La stella Michelin, l’ingresso in Relais & Châteaux, la creazione del Wine resort: sono tutte tappe importanti, ma ciò che ci ha sempre guidati è stato il desiderio di evolverci senza perdere la nostra anima. Ogni passo avanti è stato fatto con lo sguardo rivolto alla nostra storia e al territorio che ci circonda.

Racconti della sua nuova cucina appena inaugurata: quali sono le sue caratteristiche principali? Come è stata progettata e che tipo di esperienza culinaria vuole offrire ai suoi ospiti? La nuova cucina è uno spazio pensato per migliorare il lavoro quotidiano e per aprirsi ancora di più all’interazione con l’ospite. È luminosa, funzionale e permette una maggiore connessione tra sala e cucina. Chi ci visita noterà una maggiore cura nell’esperienza complessiva: dai piatti, più raffinati nella presentazione, alla possibilità di osservare da vicino il lavoro della brigata.

A Il Falconiere tiene lezioni di cucina per un pubblico internazionale. Cosa la appassiona di più nell’insegnare la tradizione culinaria toscana? Quali sono gli elementi che gli ospiti stranieri trovano più sorprendenti o affascinanti? Mi emoziona vedere come gli ospiti si appassionano ai sapori semplici e genuini della cucina toscana. Sono affascinati dalla qualità delle materie prime, dalla stagionalità, e da quanto si possa creare partendo da pochi ingredienti. Insegnare è anche un modo per condividere cultura, storie, ricordi. Ed è sempre uno scambio arricchente.

Ha portato la cucina cortonese in giro per il mondo. Quali sono state le esperienze più significative di questo viaggio? Come è riuscita a far apprezzare i sapori della sua terra in contesti così diversi? Ogni viaggio è stato una scoperta. Da Calcutta a Washington, ho portato con me piatti che parlano di Toscana, adattandomi ai contesti ma cercando sempre di trasmettere l’essenza del nostro territorio. La vera sfida è far sentire le persone vicine a una cultura diversa attraverso il cibo, e quando ci riesci, la soddisfazione è immensa.

di Clelia Torelli

Nel corso della sua carriera, ha lavorato con numerosi colleghi di fama internazionale. Quali incontri l’hanno maggiormente ispirata e quali insegnamenti ha tratto da queste esperienze? Ho avuto la fortuna di incontrare professionisti straordinari che mi hanno arricchita non solo a livello lavorativo, ma anche umano. Da ciascuno ho imparato qualcosa: la dedizione, il rigore, la capacità di reinventarsi. Ma anche l’importanza di restare fedeli alla propria identità.

I suoi piatti esaltano i prodotti locali e la stagionalità. Come riesce a trasformare le materie prime toscane in ricette che raccontano la storia e l’identità di questa terra? Tutto parte dalla scelta delle materie prime. Conoscere i produttori, seguire le stagioni, rispettare i tempi della natura: sono aspetti fondamentali. Poi cerco di costruire piatti che raccontino una storia, che abbiano un legame con la memoria e con la nostra cultura gastronomica. È questo che dà profondità al sapore.

Il piccione è uno dei suoi piatti iconici. Come è nata l’ispirazione per questa creazione e quali sono i segreti per esaltarne i sapori? È un piatto che porto nel cuore, ispirato ai ricordi di infanzia, quando mia nonna lo preparava nelle occasioni speciali. Oggi lo ripropongo in una versione più attuale, ma sempre fedele alla sua origine. È un omaggio alla tradizione, un piatto che parla della nostra cucina contadina e della sua forza espressiva.

Negli ultimi anni, Cortona ha attratto sempre più visitatori grazie anche al libro di Frances Mayes. Come vede il ruolo del Falconiere nel valorizzare la cultura e la gastronomia toscana per i turisti stranieri? Cortona è diventata una destinazione molto amata, e noi sentiamo la responsabilità e il privilegio di essere ambasciatori del territorio. Al Falconiere offriamo esperienze che uniscono cucina, vino, storia e paesaggio, cercando sempre di far vivere agli ospiti la vera anima della Toscana.

Oltre a Il Falconiere, è proprietaria della Locanda del Mulino, un boutique hotel di charme a Montanare. Qual è la filosofia dietro questa struttura? In che modo l’ospitalità che offre qui si distingue da quella del Falconiere? La Locanda del Molino è un luogo intimo, immerso nella natura, dove il tempo sembra scorrere più lentamente. È pensata per chi cerca tranquillità, semplicità e un’accoglienza calorosa, fatta di dettagli sinceri. Diversa dal Falconiere per dimensioni e stile, ma animata dallo stesso spirito familiare.